Islam ed ecologia; intervento al convegno “Ambiente, salute e libertà di credo come diritti inviolabili”

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In alto: foto della Central Mosque di Cambridge (Regno Unito)

 

 

Giovedì 4 maggio, presso l’Università Pontificia Salesiana, ha avuto luogo il convegno dell’associazione LIREC Ambiente, salute e libertà di credo come diritti inviolabili. Di seguito il mio intervento sul rapporto tra Islam ed ecologia. Buona lettura!

Manuel Olivares

 

Sappiamo tutti che abbiamo disperatamente bisogno, per citare il titolo di uno degli ultimi libri di Jeremy Rifkin, di un Green New Deal. Sappiamo anche che l’Islam è la religione con il più alto tasso di crescita al mondo dove, al momento, vivono quasi due miliardi di musulmani. Di conseguenza un maggiore impegno in ambito ecologico del mondo islamico può fare materialmente la differenza.

Negli ultimi anni sono intervenute diverse novità. Nel 2015 è stata redatta l’Islamic Declaration for Global Climate Change, disponibile in più lingue (inclusa la lingua italiana) sul sito di IFEES (Islamic Foundation for Ecology and Environmental Sciences).

IFEES ha avuto un ruolo pionieristico nel promuovere i valori ecologici nel mondo islamico internazionale.

Ho avuto modo di collaborare con l’attuale presidente di IFEES, Kamran Shezad che, anche a seguito di un dibattito interno al Muslim Council of Britain (l’organizzazione ombrello del mondo islamico inglese) ha realizzato la Guide to an Eco-Conscious Ramadan che io ho poi tradotto in italiano — con il titolo Guida ad un Ramadan eco-sostenibile — beneficiando dell’ottimo progetto grafico di Kamran.

Dunque sono oggi disponibili due PDF, scaricabili da diversi siti internet, della suddetta guida, con tutte le indicazioni necessarie a vivere il mese di Ramadan in maniera “ecologica”, evitando lo spreco di cibo, riducendo al minimo l’utilizzo di plastica e, auspicabilmente, la preparazione di cibi carnei.

Le guide hanno avuto una discreta diffusione, in Italia e nell’universo di lingua, franca, inglese, sono state menzionate in diversi articoli per giornali on line da dove è possibile scaricarle.

Io ho, ad esempio, promosso, in più di un’occasione, la versione italiana della guida sui giornali on line La Luce e Daily Muslim e sul portale Sufi.it. In lingua inglese sul giornale — visitatissimo da giovani musulmani inglesi e americani — The Muslim Vibe.

Mi rendo conto che è appena un sasso nello stagno, obiettivo per il Ramadan 2024 dovrebbe essere stamparne un congruo numero di copie da distribuire nelle principali moschee italiane.

Non va del resto trascurato che il lavoro in vista di un Ramadan eco-sostenibile che abbiamo iniziato a Londra (presso il Muslim Council of Britain) nel 2019 ha prodotto buoni frutti quest’anno, come ho potuto leggere su un articolo de La repubblica del 24 marzo 2023, all’inizio dell’ultimo mese di Ramadan.

Titolo dell’articolo: Un Ramadan plastic-free per aiutare il pianeta. Citando la seconda parte dello strillo dell’articolo:

 

«Da Londra una campagna, a cui aderiscono anche moschee italiane, per evitare sprechi di plastica e ridurre i rifiuti. L’invito rivolto a 1,9 miliardi di musulmani nel mondo».

 

Particolarmente interessante il seguente stralcio dello stesso articolo:

 

«All’iniziativa delle moschee britanniche è stato dato il nome Projects Against Plastic (PAP) ed è stato promosso, anche in Parlamento, l’hashtag #PlasticFreeRamadan per sensibilizzare i cittadini. Le  stime indicano che, se i fedeli aderiranno, nelle circa 500 moschee del Regno Unito [le moschee, nel Regno Unito, sono quasi 2000; 500 sono quelle che aderiscono al Muslim Council of Britain; NDR] si potrà evitare lo spreco di 1,5 milioni di bottigliette d’acqua o di 1 milione di piatti e posate di plastica, risparmiando quasi una tonnellata di rifiuti a moschea».

 

Nel 2021 ha avuto inizio un’altra collaborazione con uno dei redattori dell’Islamic Declaration for Global Climate Change, il professore turco İbrahim Özdemir. Dopo un primo scambio via mail ci siamo incontrati a Bologna dove lui era stato invitato in occasione del G20.

Il Professor Özdemir è considerato uno tra i più importanti ecologisti musulmani al mondo, io l’ho incontrato per la prima volta leggendo un articolo di Al Jazeera in cui veniva intervistato.

Io stesso lo avrei più volte intervistato, pubblicando le interviste su più di un sito e giornale on line ed utilizzando uno stralcio di un’intervista lascio che si presenti da solo, che condivida la sua affascinante storia:

 

Sono un professore di filosofia all’Università di Uskudar, Istanbul-Turchia. Mi sono laureato all’Università di Ankara nel 1985 e nella stessa università, nel 1996, ho concluso il mio dottorato.

Sono nato in un villaggio, ultimo di 8 figli (6 maschi e due femmine), nel 1960. Mio padre, Mustafa, era un contadino analfabeta. Mia madre, Ayşe, era una donna curda forte e, a sua volta, analfabeta. Non c’erano né scuola né moschea nel nostro villaggio. Ogni giorno dovevo camminare per 2 miglia per raggiungere un villaggio vicino e poter frequentare le lezioni della scuola locale. Inoltre, nel nostro villaggio non c’era acqua potabile che dovevamo andare a prendere, quotidianamente, con gli asini.

Da figlio di un piccolo villaggio, il mondo naturale ha sempre attratto la mia curiosità, riempiendomi di stupore e di meraviglia. Da allora, sono stato un appassionato lettore del libro della natura, cercando di comprendere il rapporto che questa ha con l’uomo nella prospettiva di quella che l’ecofilosofo norvegese Arne Naess chiama “ecologia profonda”.

La mia tesi di dottorato, La dimensione etica dell’atteggiamento umano nei confronti della natura (Titolo originale: The Ethical Dimension of Human Attitude Towards Nature, pubblicata da Insan Publications: Istanbul, seconda edizione, 2008) è stata considerata la prima realizzata da uno studioso musulmano sulla filosofia e l’etica ambientale.

L’obiettivo principale della mia tesi è stato quello di esplorare le “dimensioni filosofiche ed etiche dei problemi ambientali”.

Ho iniziato a insegnare, divulgare e condividere le mie scoperte con i miei colleghi, musulmani e non. Pertanto, ho lavorato a stretto contatto con gruppi ed eco-attivisti nel mondo musulmano, in Occidente come in Oriente. Ho tenuto conferenze in scuole estive, seminari e workshop in Indonesia, Malesia, Sud Africa, Germania, Stati Uniti, Brasile, Arabia Saudita, Grecia, Maldive e Turchia. Durante queste conferenze e panel, ho incontrato e parlato di persona con Nelson Mandela, il Dalai Lama, Mikhail Gorbachev e molte altre figure conosciute al grande pubblico internazionale.

Sono stato membro del gruppo che ha redatto la Dichiarazione islamica per il cambiamento climatico globale nell’agosto 2015. Per la mia dedizione alla consapevolezza ambientale e all’impegno attivo con Organizzazioni Non Governative e gruppi ambientali, sono stato nominato consulente dell’UNEP (Programma ambientale delle Nazioni Unite), 2015 -2016.

In un libro pubblicato di recente: Contemporary Thought in the Muslim World: Trends, Themes, and Issues (Routledge Press, 2019), l’autrice – Carool Kersten – mi ha presentato come “il più importante ambientalista islamico in Turchia”.

Un altro progetto in cui sono coinvolto (sotto la supervisione e la guida dell’UNEP) è: Al-Mizan: un patto per la terra. Al-Mizan, in arabo, sta per “equilibrio”. Il progetto si basa sulla Sura Ar-Rahman (Il Misericordioso) in cui Allah Onnipotente descrive la creazione nel suo perfetto equilibrio:

 

«In nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso. Il Compassionevole, ha insegnato il Corano, ha creato l’uomo e gli ha insegnato ad esprimersi [Lett. «gli ha insegnato il “bayân”», cioè il discorso chiaro ed esauriente]. Il sole e la luna [si muovono] secondo calcolo [preciso]. E si prosternano le stelle e gli alberi. Ha elevato il cielo e ha eretto la bilancia, affinché non la frodiate: stabilite il peso con equità e non falsatela!». (Il Corano 55:1-9)

 

Al-Mizan presenta una visione islamica dell’ambiente nel tentativo di rafforzare le azioni locali, regionali e internazionali che si oppongano al cambiamento climatico e ad altre problematiche di natura ecologica. È uno sforzo globale per coinvolgere, in questa missione, studiosi ed istituzioni del mondo islamico.

Il progetto, inoltre, considera la dimensione etica che dovrebbe ispirare il modello sociale dell’esistenza umana.

Principi riconducibili allo stesso Profeta Muhammad che aveva stabilito una serie di regole per uno stile di vita che fosse realmente olistico.

Questo si basava sul Corano e poteva essere sintetizzato in tre categorie: incoraggiare il bene pubblico, vietare l’azione sbagliata ed agire sempre con moderazione:

 

«Sorga tra voi una comunità che inviti al bene, raccomandi le buone consuetudini e proibisca ciò che è riprovevole». (Il Corano 3,104)

 

Attualmente il Professor Özdemir insegna a Boston, negli Stati Uniti.

Dopo averlo intervistato in più di un’occasione (trovate le interviste, in italiano e in inglese, su viverealtrimenti.com, laluce.news e dailymuslim.it) il professor Ozdemir mi propone un suo manoscritto: Care for Creation; An Islamic Perspective dove dimostra come l’Islam sia una religione “geneticamente ambientalista”. Decidiamo, dopo un’attenta revisione, di pubblicarlo, tanto in formato cartaceo quanto in formato digitale.

Nel testo il Professor Özdemir cita profusamente il Corano a partire dalla prima Sura (Al Fatiha, l’aprente):

 

  1. In nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso.
  2. La lode [appartiene] ad Allah, Signore dei mondi,
  3. il Compassionevole, il Misericordioso,
  4. Re del Giorno del Giudizio.
  5. Te noi adoriamo e a Te chiediamo aiuto.
  6. Guidaci sulla retta via,
  7. la via di coloro che hai colmato di grazia, non di coloro che [sono incorsi] nella [Tua] ira, né degli sviati.

 

In particolare il secondo versetto in cui compare l’espressione “Signore dei mondi” ci induce a considerare l’ambiente, sostiene il professor Özdemir, in una prospettiva ampia. Il mondo terreno, come il mondo cosiddetto incorporeo e quello ultraterreno, appartengono tutti a Dio. A noi uomini è stata affidata la custodia del mondo terreno, nel momento in cui Dio stesso ha previsto per noi la funzione di Khalifa (che si può tradurre con vicari, luogotenenti, vicereggenti), termine che ricorre più volte nel Corano. Ad esempio nella seconda Sura 2, versetto 30:

 

«E quando il tuo Signore disse agli Angeli: “Porrò un vicario sulla terra”, essi dissero: “Metterai su di essa qualcuno che vi spargerà la corruzione e vi verserà il sangue, mentre noi Ti glorifichiamo lodandoTi e Ti santifichiamo?”. Egli disse: “In verità Io conosco quello che voi non conoscete…”».

 

Alla luce della storia dell’uomo direi che il dubbio degli angeli si è rivelato legittimo! Del resto è evidente che Dio conosca quel che nessun altro conosce e malgrado abbiamo dato sino ad ora ampiamente prova di corruzione e di versamento di sangue, resta il fatto che Dio ha affidato proprio a noi uomini la terra in “comodato d’uso”, per usare un’espressione moderna.

La cura dell’ambiente è dunque una nostra indiscussa responsabilità e chi sarà negligente dovrà risponderne al “Signore dei mondi”, nel momento in cui lascerà il mondo terreno per quello incorporeo-ultraterreno.

Potremmo ancora citare abbondantemente il Corano per sottolineare la natura profondamente ambientalista della religione islamica ma senz’altro i due concetti cardine sono quelli di Khalifa e di Mizan: equilibrio o anche “armonia”, come possiamo desumere dalla Sura 55 che abbiamo citato in precedenza e di cui possiamo richiamare qui un versetto:

 

«E si prosternano le stelle e gli alberi. Ha elevato il cielo e ha eretto la bilancia, affinché non la frodiate: stabilite il peso con equità e non falsatela!». (Il Corano 55:6-9).

 

Esempi di comportamenti virtuosi, da un punto di vista ecologico, ci vengono anche dalla stessa vita del Profeta Muhammad, attraverso la ricca aneddotica degli aḥādīth. Li ritroviamo tanto nella Guida ad un Ramadan eco-sostenibile quanto nel testo del Professor Ozdemir Care for Creation; An Islamic Perspective.

Vorrei tuttavia terminare questo intervento con un invito ad una maggiore azione!

Il professore iraniano Hossein Nasr, antesignano dell’ecologismo islamico, riferimento per lo stesso Professor Özdemir ed altri ecologisti musulmani (ad esempio l’americano Ibrahim Abdul Matin) ed autore del testo Man and Nature di cui esiste una vecchia traduzione in italiano, ha recentemente affermato, nel corso di un’intervista: il mondo islamico sta facendo degli sforzi per muovere in una direzione di maggiore attenzione all’ambiente ma sono ancora del tutto insufficienti.

Non posso non essere integralmente d’accordo con lui. In questi ultimissimi anni, in Inghilterra, è stato fatto un buon lavoro, ad esempio dal Muslim Council of Britain e da IFEES per sensibilizzare il mondo islamico alle tematiche ecologiche. Sono stati prodotti diversi documenti in formato digitale, ad esempio in occasione del COP26 a Glasgow, sta dunque divenendo “virale” l’idea che l’Islam sia una religione “geneticamente ambientalista” e che dunque il mondo islamico debba avere un ruolo di rilievo nella salvaguardia dell’ambiente ma a livello concreto c’è ancora un enorme lavoro da fare.

Non mancano, soprattutto in Inghilterra e negli Stati Uniti, organizzazioni musulmane di base seriamente impegnate sul terreno ecologico. A Cambridge è stata inaugurata, da qualche anno, la prima moschea verde: la Cambridge Central Mosque; un’autentica eccellenza. Diverse altre moschee, in Inghilterra (ad esempio a Birmingham e York) stanno cercando di muovere nella stessa direzione, bandendo l’utilizzo di plastica al proprio interno (in particolare durante le cene di Iftar, con cui si rompe collettivamente il digiuno, la sera, durante il mese di Ramadan) e dotandosi di accorgimenti ecologici come i pannelli solari e gli erogatori di acqua potabile per evitare l’utilizzo di bottiglie di plastica monouso ma la sensazione netta è quella che stiamo ancora parlando, solo, di casi isolati!

In Italia potremmo dire che sia ancora quasi tutto da fare mentre segnali incoraggianti stanno arrivando dal più popoloso paese islamico al mondo: l’Indonesia (276 milioni di abitanti; qui un mio articolo al riguardo). L’Economist, nel numero del 19 novembre 2022, ha presentato il paese — che ha infatti ospitato gli incontri dei G20 il 15 e 16 novembre — come “il gigante trascurato dell’Asia”. Il paese è molto ricco di cruciali materie prime, in particolare: nichel (un quinto circa delle riserve mondiali si trova sul suo vastissimo territorio), cobalto e bauxite.

Il nichel viene utilizzato per realizzare le batterie dei veicoli elettrici e, a fronte di questo, l’Indonesia ha implementato una politica originale: ha vietato l’esportazione di materie prime, nichel in testa, per incoraggiare aziende multinazionali a costruire fabbriche sul suo territorio.

In questo senso è in atto un forte corteggiamento di Elon Musk affinché si decida ad aprire stabilimenti della Tesla nel paese.

Il tutto in sinergia con una politica di decisa decarbonizzazione che obbliga le nuove realtà imprenditoriali a investire nelle energie rinnovabili.

L’Indonesia, del resto, è uno dei paesi maggiormente penalizzati dal cambio climatico.

A luglio 2022, i più importanti rappresentanti del mondo islamico indonesiano si sono riuniti presso la Istiqlal Mosque di Jakarta (la più grande moschea del sud-est asiatico e la sesta più grande moschea del mondo) per inaugurare il Congresso Musulmano per un’Indonesia Sostenibile: un forum per coordinare l’attivismo ambientalista coinvolgendo autorità religiose, intellettuali, accademici e politici.

Nasaruddin Umar, il principale imam presso la moschea Istiqlal, ha dichiarato, nel corso dell’incontro, che la moschea deve essere un posto per “ripulire la mente e il cuore”. Ha iniziato installando pannelli solari e sistemi di riciclaggio dell’acqua nella “sua” moschea. Altre mille moschee verranno presto dotate di pannelli solari e di altri accorgimenti ecologici. Del resto, già nel 2018 Nahdlatul Ulama, la più importante organizzazione islamica indonesiana, ha promosso una serie di sermoni sulla gestione ed il riciclaggio dei rifiuti mentre Muhammadiyah, la seconda organizzazione islamica del paese, ha elaborato un programma per formare i propri imam come “missionari ambientali”.

Possiamo dunque concludere che esempi di impegno concreto sul fronte dell’ambiente, nel mondo islamico, proprio non ne manchino. Qui abbiamo appena indicato la punta di un iceberg, il lavoro da fare per muovere concretamente nella direzione di un Islam verde è, giova ripeterlo, enorme ma non possiamo certo dire che non sia già cominciato.

 

 

Alcuni link per approfondire le tematiche trattate nell’intervento

 

https://www.ifees.org.uk/wp-content/uploads/2021/09/italian_final.pdf

https://www.laluce.news/2021/12/14/lislam-e-ambientalista-unintroduzione-alla-risposta/

https://viverealtrimenti.com/guida-ad-un-ramadan-ecosostenibile/

https://www.laluce.news/2022/04/03/attenti-a-plastica-e-carne-guida-per-un-ramadan-eco-sostenibile/

https://www.repubblica.it/green-and-blue/2023/03/24/news/ramadan_senza_plastica_inquinamento-393514331/

https://www.ohga.it/ramadan-sostenibile-per-i-musulmani-il-mese-sacro-del-digiuno-puo-essere-anche-green/

https://www.greenme.it/ambiente/ramadan-plastic-free-campagna-contro-plastica-monouso/

https://www.italiachecambia.org/rassegna-stampa/il-ramadan-diventa-plastic-free-e-senza-usa-e-getta-699/ 

https://www.internazionale.it/notizie/tony-carnie/2021/04/01/islam-ambiente 

https://viverealtrimenti.com/nel-corano-la-fondazione-metafisica-delletica-ambientale-intervista-al-professor-ibrahim-ozdemir/

https://viverealtrimenti.com/en/care-for-creation-an-islamic-perspective/

https://viverealtrimenti.com/indonesia-un-gigante-in-corsa-per-leco-sostenibilita/

https://www.aljazeera.com/opinions/2020/8/12/what-does-islam-say-about-climate-change-and-climate-action