Comune di Olat
Il termine Olat significa “antica luce dentro la terra” ed è — stando a quanto mi hanno detto le persone coinvolte in questa esperienza comunitaria — di origine aramaica.
Sabina Calogero, nel testo Terra. In campagna un’altra vita è possibile, descrive la comune — poco lontana da Ivrea — come “un gruppo di case un po’ in pietra e un po’ in legno che domina una piccola valle” .
Olat non ama farsi pubblicità; è una realtà che, dopo averla visitato ed aver intervistato il giovane fondatore (Piero, di 34 anni) ho il piacere di definire “schiva” (infatti in calce a questo post ne troverete solo l’indirizzo postale ma non garantisco che la comunità esista ancora, avevo un numero di telefono che non è più funzionante e non ho avuto modo di reperire nessuno dei suoi membri; la mantengo in questo database, con l’indirizzo postale che mi hanno autorizzato a suo tempo a divulgare, per il semplice fatto che nessuno mi ha chiesto di cancellarla).
Parlo di piacere perché sono sempre stato incuriosito da questo genere di esperienze ritenendo — a volte a torto, a volte a ragione — celassero piccoli-grandi tesori.
Nel caso di Olat non ero in errore. Il posto, da un punto di vista naturale, è semplicemente splendido. È nell’antica Val Chiusella, dove è sorta la più conosciuta realtà di Damanhur.
Le persone che vivono ad Olat mi hanno dato un’idea, subitanea, di non ordinarietà. Credo trasmettano il sobrio romanticismo di chi ha scelto la libertà alle lusinghe dell’integrazione sociale. Una libertà non velleitaria, sufficientemente razionale e, soprattutto, creativa. L’artigianato ha una posizione di tutto rispetto ad Olat e non è “il solito artigianato”. Ho visto oggetti in pelle — scarpe, borse, portafogli — che consiglierei a chiunque di comprare. Ho avuto il piacere di regalare ottime saponette e prodotti cosmetici di Olat e, per circa un mese, nel momento in cui sono ritornato a vivere in India, la comune è rimasta viva nei miei ricordi per l’ottimo miele della sua campagna in un barattolo da chilo.
«Da quando avevo 17 anni mi occupo dello studio di realtà emergenti che hanno come obiettivo, nel mondo, di realizzare la transizione dalla vecchia alla nuova era» mi diceva Piero nel corso dell’intervista.
«In sintesi il nostro è il tentativo di riappropriarci di una vita più equilibrata dove si sia in grado di dare il giusto peso alle cose sul piano relazionale e pratico, economico e tecnologico».
In prima sintesi e citando Franco Battiato, mi viene da dire che uno dei punti fondamentali dell’esperienza di Olat sia “la voglia di vivere ad un’altra velocità”.
«Mi sono reso conto», mi diceva ancora Piero, «che se una comunità produce, in loco, per se stessa e per i propri amici riesce a vivere un rapporto di riconciliazione con la madre terra, di ottimizzazione delle risorse del luogo evitando sprechi inutili. Permette di capire dove sei perchè non è sufficiente andare a vivere in mezzo alla natura per riuscire a deprogrammarsi dal tempo parallelo in cui noi viviamo normalmente. La nostra società sta cadendo perché vive in un tempo parallelo, fuori dall’ordine divino e dal ritmo della terra. Uno degli elementi di studio fondamentali in un progetto come questo è riappropriarsi di un “ritmo terreno” (che non è semplicemente l’applicazione di una logica ambientalista) dove tu ti insedi, costruisci case, fai figli stando sempre in una dimensione diversa da quello ordinaria [che, prendendo a prestito un efficace termine del sociologo americano David Riesman, potremmo definire, almeno per buona parte, eterodiretta]».
Nella comune risiedono stabilmente 6 adulti, eterogenei per luogo di provenienza e 2 minori. La proprietà della terra è dell’Associazione Olat Terra che ne ha venduto e ne vende delle sezioni, assieme a cascine generalmente diroccate, alle persone che hanno aderito ed aderiscono al progetto. In questo modo viene riconosciuto un ruolo importante anche alla proprietà privata ed agli spazi individuali, identificabili, materialmente, con le cascine ristrutturate mentre l’associazione reinveste i soldi delle vendite in altra terra (di qui il progetto di espansione sul territorio) e nei progetti in statuto.
L’Associazione Olat Terra è affiancata da una seconda associazione che gestisce diverse attività nella comune: incontri finalizzati alla condivisione del rito della capanna sudatoria, di nozioni di un’edilizia che si avvale soprattutto di materiali locali — in un’ottica di risparmio economico e sostenibilità ambientale — di gestione del territorio, di agricoltura e medicina naturali ed altro.
«Tutto questo», mi diceva Piero, «mantenendoci svincolati dalla New Age, dal mondo del biologico, della bioedilizia e di tutto quanto possa prestarsi ad essere definito ideologico o che sappia, pur lontanamente, di libresco».
Ogni persona che vive ad Olat ha un suo lavoro (come accennato la dimensione artigianale ha un’importanza non trascurabile) ed una propria economia privata, pur a fronte di una cassa comune.
Olat è una realtà tutt’altro che isolata, nel territorio. Esiste difatti un network informale, in Val Chiusella, che coinvolge, oltre alla comune in analisi, diverse famiglie di “neo-rurali”.
Insieme hanno portato avanti una battaglia ecologica contro la creazione di una centrale idroelettrica che, sosteneva Piero, «avrebbe distrutto un fiume», avvalendosi della consulenza di ingegneri ed altri professionisti qualificati.
«C’è uno spirito nella terra», ha concluso Piero, «che sta risvegliando gli uomini a ritornare ad esserne i custodi, soprattutto persone semplici. Qui ci sono persone che si scambiano conoscenze spirituali, tecniche di gestione del territorio. Ci sono realtà familiari che cooperano nello spirito più genuino del mutuo appoggio. Tutti quanti, nell’ambito di questo gruppo informale, hanno eliminato la televisione. Nella conduzione del progetto di mutuo appoggio (come del resto ad Olat) utilizziamo il metodo del consenso ed il cerchio nella forma Lakota. Il gruppo si riunisce in cerchio, avendo una candela nel mezzo e, prima di iniziare il confronto, recita una preghiera. Nel corso dell’incontro, ciascuno può parlare solo nel momento in cui ha il bastone rituale in mano (che non a caso viene definito “il bastone della parola”). È una grande autodisciplina. Ho verificato, negli anni, che è un sistema di condivisione e di risoluzione dei conflitti molto efficace».
Chiunque voglia cogliere qualche riverbero dell’antica luce, canalizzata oggi da Olat, può essere il benvenuto nella comune, compatibilmente con la disponibilità di spazi e, naturalmente, il rispetto di alcune regole fondamentali. Altrettanto naturalmente invito tutti coloro volessero visitare Olat ad avvertire, per tempo, i residenti.
Per approfondire il fenomeno comunitario
Quindici anni di studi — in biblioteca e sul campo — sul vivere insieme.
Il quarto di una fortunata serie di testi sull’universo comunitario, ogni giorno più multiforme. Un excursus che, dalle prime comunità essene, giunge alle contemporanee esperienze di cohousing tentando di non trascurare nessuno: esponenti radicali della riforma protestante, socialisti utopisti, anarchici, hippies, kibbutzniks, ecologisti più o meno profondi, new-agers, cristiani eterodossi, musulmani pacifisti e altro ancora.
Una mappatura ragionata — su scala italiana, europea e mondiale — di gruppi di persone che abbiano deciso di condividere, in vario modo, princìpi, ambienti, beni di vario genere e denaro, di comunità sperimentali — spesso ecologiste — dove si sondino le suggestive sfide di uno spazio vitale comune.
Manuel Olivares, sociologo di formazione, vive e lavora tra Londra e l’Asia.
Esordisce nel mondo editoriale, nel 2002, con il saggio Vegetariani come, dove, perchè (Malatempora Ed). Negli anni successivi pubblicherà: Comuni, comunità ed ecovillaggi in Italia (2003) e Comuni, comunità, ecovillaggi in Italia, in Europa, nel mondo (2007).
Nel 2010 fonda l’editrice Viverealtrimenti, per esordire con Un giardino dell’Eden, il suo primo testo di fiction e Comuni, comunità, ecovillaggi.
Seguiranno altre pubblicazioni, in italiano e in inglese, l’ultima e di successo è: Gesù in India?, sui possibili anni indiani di Gesù.
Leggine l’introduzione
Prezzo di copertina: 16.5 euro
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