La Rete Bioregionale Italiana

Posted in Comunità intenzionali ed ecovillaggi

La Rete Bioregionale Italiana

La Rete Bioregionale Italiana è stata fondata ad Acquapendente (Viterbo) nella primavera del 1996 da un gruppo di persone e di associazioni che si riconoscono nel bioregionalismo e nell’ecologia profonda. Nel 2010 una parte dei fondatori si staccò dalla Rete sostanzialmente per una differenza di vedute sul criterio alimentare ma anche per altre ragioni prettamente ideologiche. La Rete bioregionale ha continuato ad esistere, operando attivamente in chiave anche biopolitica, sociale e spirituale, cercando di inserire nelle maglie delle società umana un sistema di vita basato sul concetto di ecologia profonda.
Per ottenere risultati concreti nei vari settori della pratica bioregionale dal 2010 abbiamo modificato la struttura operativa, non più nodi territoriali ma referenti tematici che portano avanti diversi argomenti per l’attuazione bioregionale. La propagazione dell’idea bioregionale avviene sia attraverso incontri periodici su specifici temi (ad esempio: agricoltura contadina, ecologia sociale, spiritualità della natura, economia ecologica, politiche territoriali e comunitarie, etc.) e attraverso un incontro collettivo bioregionale ecologista di coordinamento annuale che si tiene in corrispondenza del solstizio estivo, a rotazione, in vari luoghi d’Italia.
La divulgazione delle proposte e delle iniziative in corso avviene, essenzialmente su internet, per mezzo di un blog all’interno del sito ecologista di AAM Terra Nuova e attraverso un notiziario giornaliero denominato Il Giornaletto di Saul.

Esiste anche un notiziario cartaceo che esce una volta all’anno, in cui vengono riportati gli interventi più significativi, dal titolo Quaderni di vita bioregionale. Inoltre negli ultimi anni sono stati editi due libri: Riciclaggio della Memoria – Appunti, tracce e storie di Ecologia Profonda, Bioregionalismo e Spiritualità Laica e Treia: storie di vita bioregionale.
Ma qui, per un chiarimento, vorrei inserire una serie di…

 

Domande e risposte sulla pratica bioregionale

 

D- Chi può definirsi bioregionalista?

R- Questo termine non denota una appartenenza etnica bensì la capacità di rapportarsi con il luogo in cui si risiede considerandolo come la propria casa, come una espansione di sé. La definizione diviene appropriata nel momento in cui si vive in sintonia con il territorio e con gli elementi vitali che lo compongono.
Infatti chiunque può essere bioregionalista indipendentemente dalla provenienza di origine se segue la pratica dell’ecologia profonda, del vivere cercando di essere in sintonia il più possibile col mondo che lo circonda, in un modo in cui, pur sentendosi liberi di manifestare se stessi nelle proprie caratteristiche peculiari, non si ha bisogno di provocare danni all’ambiente od alla società in funzione di un personale esclusivo vantaggio. E’ molto importante che, anche nei rapporti con gli altri esseri, si tenga sempre presente questo “spirito”. L’ecologia può definirsi “profonda”, quando diventa una pratica costante della vita, come un sottofondo profumato, e non viene dimenticata mai, per ritornare alla superficialità, alla falsità, al consumismo, al….

D- Come si definiscono le bioregioni e i loro confini? L’Italia quante ne ha?

R- Le bioregioni possono essere molto piccole, ad esempio una valle (come la valle del Treja), una montagna isolata (il Soratte), un’insenatura, etc. oppure abbastanza grandi da comprendere più regioni politiche. La bioregione non ha confini precisi ma tende ad allargarsi o restringersi se vengono esaminati aspetti specifici. Vedi anche della Rete Bioregionale Italiana: La terrra racconta; Il bioregionalismo e l’arte di disegnare le mappe locali.

D- In Italia il bioregionalismo non ha ancora avuto grande diffusione. Ha tuttavia suscitato un certo interesse in settori del movimento anarchico e pensatori anticonformisti. Perché?

R- Ogni “visione” che richiede un cambiamento di vita e non la semplice adesione ideologica è di difficile attuazione, in quanto presuppone una radicale modifica nel proprio stile esistenziale e nell’approccio generale verso l’habitat, gli animali ed il resto del genere umano. Poi c’è la superficialità di chi ritiene che il bioregionalismo sia semplicemente un movimento teoretico. Cosa che assolutamente non è poiché il bioregionalismo è una pratica di vita che tende ad unire, sia in chiave di società umana che di ambiente….

D. Come si prendono decisioni all’interno della Rete, come un qualsiasi altro movimento? O è semplicemente una comunione di intenti?

R. La Rete Bioregionale Italiana non è un movimento compatto, esistono varie realtà che si occupano di bioregionalismo e di ecologia profonda. Alcune realtà sono più che altro divulgative ed operano attraverso l’editoria di settore. I referenti tematici della Rete si occupano essenzialmente degli aspetti pratici e del vivere in prima persona l’esperienza bioregionale e dell’ecologia profonda. La Rete Bioregionale Italiana è l’incontro di varie realtà, anche disgiunte, poiché il sistema “rete” consente sia la libertà di azione locale che il perseguimento di fini comuni, collegati e coniugati ai diversi territori e alle tematiche bioregionali, e sia nuovi modi di sperimentazione e di ricerca sul campo. L’adesione al Movimento/Rete avviene per semplice condivisione dello stile di vita e delle tematiche, lasciando ad ognuno la propria libertà di occuparsi degli argomenti che di volta in volta emergono, per dare risposte necessarie contingenziali ai problemi e per proporre iniziative che possano aiutare le comunità.

D- Che collegamento c’è tra la Rete Bioregionale ed altri movimenti simili in Italia?

R- Siccome il bioregionalismo e l’ecologia profonda si praticano “attraverso il vivere” ci si coniuga idealmente con qualsiasi altro movimento che si definisce ecologista e persegue fini comuni, come la Decrescita Felice, CIR, il vivere comunitario negli ecovillaggi e in comunità spirituali, etc. Ed anche se non esistono veri e propri legami strutturali si condividono iniziative e si cerca di dialogare, collaborare ed informare… e questa operazione viene fatta ad ampio raggio, come una semina a spaglio o una raccolta di erbe selvatiche cresciute spontaneamente e poi riconosciute lungo il cammino.

D- Qual è il collegamento tra bioregionalismo ed ecologia sociale, quali sono le differenze?

R. Non esistono differenze se nell’ecologia sociale si tiene conto delle valenze bioregionali e dell’ecologia profonda. Vedi questo post.

D- Come spiegare ad un bambino di 6 anni cosa significa essere bioregionalista?

R- Si è bioregionalisti nel momento in cui si comprende e si vive sapendo che tutto ciò che ci circonda è noi stessi.

 

Conclusioni

 

Il pensiero bioregionale, in verità, è presente nella comunità umana dai tempi più remoti, si chiama “Naturalismo” ed è stato il sottofondo di tutte le culture matristiche, del taoismo, delle religioni antiche, etc. Mi piace concludere con una riposta di Ramana Maharshi, molto prima che venisse coniato il termine “bioregionalismo“, alla domanda “come dovrebbe comportarsi l’uomo in una società ideale?”

 

“Una società è l’organismo;
i suoi membri costituenti sono gli arti
che svolgono le sue funzioni.
Un membro prospera quando
è leale nel servizio alla società
come un organo ben coordinato funziona nell’organismo.
Mentre sta fedelmente
servendo la comunità,
in pensieri, parole ed opere,
un membro di essa
dovrebbe promuoverne la causa
presso gli altri membri della comunità,
rendendoli coscienti ed inducendoli
ad essere fedeli alla società,
come forma di progresso per quest’ultima”

 

Paolo D’Arpini
Referente della Rete Bioregionale Italiana
Via Mazzini, 27 – 62010 Treia (Mc)
Tel 0733/216293
E mail bioregionalismo.treia@gmail.com

 

Per approfondire

 

Quindici anni di studi — in biblioteca e sul campo — sul vivere insieme.
Il quarto di una fortunata serie di testi sull’universo comunitario, ogni giorno più multiforme. Un excursus che, dalle prime comunità essene, giunge alle contemporanee esperienze di cohousing tentando di non trascurare nessuno: esponenti radicali della riforma protestante, socialisti utopisti, anarchici, hippies, kibbutzniks, ecologisti più o meno profondi, new-agers, cristiani eterodossi, musulmani pacifisti e altro ancora.
Una mappatura ragionata — su scala italiana, europea e mondiale — di gruppi di persone che abbiano deciso di condividere, in vario modo, princìpi, ambienti, beni di vario genere e denaro, di comunità sperimentali — spesso ecologiste — dove si sondino le suggestive sfide di uno spazio vitale comune.

 

Manuel Olivares, sociologo di formazione, vive e lavora tra Londra e l’Asia.
Esordisce nel mondo editoriale, nel 2002, con il saggio Vegetariani come, dove, perchè (Malatempora Ed). Negli anni successivi pubblicherà: Comuni, comunità ed ecovillaggi in Italia (2003) e Comuni, comunità, ecovillaggi in Italia, in Europa, nel mondo (2007).
Nel 2010 fonda l’editrice Viverealtrimenti, per esordire con Un giardino dell’Eden, il suo primo testo di fiction e Comuni, comunità, ecovillaggi.
Seguiranno altre pubblicazioni, in italiano e in inglese, l’ultima e di successo è: Gesù in India?, sui possibili anni indiani di Gesù.

 

Leggine l’introduzione

 

Prezzo di copertina: 16.5 euro

 

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