Findhorn Foundation

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Il New Age (o età dell’acquario) è notoriamente una realtà fluida e sfuggente, difficile da definire in maniera sufficientemente precisa.
Citando il Centro Studi sulle Nuove Religioni, fondato e diretto dal sociologo Massimo Introvigne, «può essere anzitutto descritto in chiave psicologica come uno stato d’animo: come la sensazione — prima ancora della convinzione — condivisa da un numero socialmente significativo di persone di essere entrati — o di stare per entrare — in un’epoca nuova, che è contrassegnata da cambiamenti radicali e qualitativi non in uno solo, ma in tutti i settori della vita dell’uomo». Sorvolando sulle molte altre implicazioni, in particolare di natura astrologica (invitando chi fosse interessato a visitare il sito del CESNUR), dal punto di vista storico è possibile ricondurre il New Age, seguendo ancora Introvigne, nell’alveo del “movimento di Risveglio”, categoria applicata, soprattutto dagli storici delle religioni di ambito anglo-americano, al pentecostalismo, considerato «un movimento di risveglio del mondo protestante», agli albori del ventesimo secolo.
Parallelamente, il New Age sarebbe un movimento di risveglio «nell’area culturale di lingua inglese, non più del mondo cristiano ma del mondo laico se non laicista […] la cui organizzazione culturale era largamente affidata alle logge massoniche e alla più discreta (ma non meno importante) influenza della Società Teosofica».
Fu difatti Alice Bailey (1888-1977), promotrice di uno scisma in ambito teosofico, ad usare, negli anni ’20, l’espressione New Age e a dare, pur indirettamente, impulso alla nascita di Findhorn Foundation. Cito ancora dal sito del CESNUR:

 

«Pochi anni dopo la morte di Alice Bailey, alcuni fra i suoi più brillanti allievi inglesi — Sheena Govan (1912-1967), figlia di John George Govan (1861-1927, fondatore del gruppo fondamentalista Faith Mission) e all’epoca guida di un gruppo indipendente di “cristiani esoterici”; Dorothy Maclean, che apparteneva all’Ordine Sufi Occidentale fondato da Pir Hazrat Inayat Khan (1882-1927); Peter Caddy (1917-1994), marito della Govan e Eileen Combe (1917-2006), che diventerà la seconda moglie di Caddy — iniziano un’avventura che conduce le figure più rappresentative di questo gruppo originario in un pellegrinaggio che li porta da Glastonbury, collegato alle leggende del passato celtico e arturiano della Gran Bretagna, a Forres, in Scozia — dove riescono a farsi assumere come animatori del centro turistico Cluny Hill Hotel, che trasformano in centro teosofico — e, infine, in una landa desolata del Nord della Scozia, Findhorn, dove nel 1962 fondano una comunità-giardino.
“Villaggio globale” e comunità ecologica secondo modelli tipici del New Age, Findhorn è anche il luogo degli incontri e dei messaggi che i coniugi Caddy e la Maclean, insieme ai seguaci che affluiscono numerosi […], ricevono da vari tipi di “entità”: Dio, devas (spiriti della natura associati alle piante), angeli, fate e perfino un “centro di luce” composto da un gruppo di prigionieri politici sovietici, morenti o anche già morti, capaci di comunicare dal fondo di una miniera di sale siberiana.
La fama di Findhorn cresce sino a estendersi rapidamente anche oltreoceano: già nel 1962 — che può essere ritenuta (sulla base anzitutto della fondazione della stessa Findhorn) la data più convincente della nascita del fenomeno New Age come oggi lo conosciamo — era stato fondato a Esalen, in California, un centro di incontri e seminari ispirato a simili princìpi; e sempre dagli Stati Uniti arriva a Findhorn David Spangler, il quale contribuisce non poco a far conoscere questa nuova realtà nel continente americano attraverso la pubblicazione dei più influenti manifesti del New Age durante gli anni 1970, favorendo così la successiva diffusione e successo su scala mondiale di una realtà originariamente nata in Europa».

 

La comunità-giardino viene fondata in un campeggio sostanzialmente vuoto e la semplicità della logistica ha facilitato l’avvicinamento di molti ricercatori spirituali.
Bastava, difatti, avere una roulotte o un furgone per concorrere a creare un primo tessuto comunitario.
In seguito, a Findhorn Foundation sarebbero arrivate molte famiglie ma, in principio, giungeva fondamentalmente il singolo ricercatore con qualche esperienza significativa alle spalle, in un monastero buddista, un ashram himlayano o simili. C’era difatti bisogno di persone particolarmente motivate, data la precarietà-spartanità della fase pionieristica e la durezza del clima del nord della Scozia.
Con il consolidarsi dell’esperienza arrivano diversi studiosi della New Age, sensitivi interessati alle terre della Gran Bretagna ed alle linee di energia che collegherebbero Glastonbury, Ayona e Findhorn, oltre ad hippies, musicisti, ancora ricercatori e l’arte e la meditazione hanno cittadinanza onoraria.
«Erano anni molto belli» — mi diceva nel corso di un’intervista Antonio Palmieri che, assieme a Joshua Nicolosi, ha organizzato diverse experience weeks a Findhorn dove, peraltro, ha vissuto diversi anni — «duri perché bisognava costruire tutto ma molto belli».
Il contributo richiesto a chi arrivava era in primo luogo fisico; zappa, rastrello e martello la dotazione fornita nell’immediato.
Eileen Caddy meditava nell’ultima porta dei bagni pubblici, per non disturbare nessuno, canalizzando messaggi ultramondani.
Uno di questi veniva letto la mattina alla comunità in embrione.
«Non lo leggeva lei» mi diceva ancora Antonio, «perché non si era mai voluta mettere nella posizione di guru. Questo distingue Findhorn da altre comunità ».
Il terzo elemento cardine di Findhorn, Dorothy MacLean, era invece quasi del tutto dedita all’orto comunitario, in piena cooperazione con gli “spiriti della natura” e “quell’intelligenza che sta dietro ad ogni pianta”. In questo modo otteneva gli ortaggi giganti che tanta celebrità avrebbero avuto nel mondo intero.
Nel frattempo, Peter Caddy continuava ad essere l’elemento operativo, esercitando talvolta, sosteneva Antonio, la funzione di “mastino”: «Peter aveva questa capacità di apparire. Come qualcuno si sedeva per un tea-break, lui appariva. Era quasi un po’ temuto; o stavi lì a lavorare o dovevi andare via!».
Il 1980 è un anno di svolta per l’esperienza di Findhorn.
Un giorno Eileen riceve un messaggio in cui le viene detto che il canale di comunicazione ultramondano sarebbe stato interrotto.
La notizia ha ripercussioni shockanti.
Circa 100 membri lasciano la comunità nel giro di una settimana.
Eileen domanda ragione di questo cambiamento traumatico.
Le viene risposto che fino a quel periodo era necessario uno strumento spirituale giornaliero per predisporre fondamenta solide all’esperimento comunitario ma che era giunto il momento che i membri sviluppassero la capacità di trovare la guida dentro di sé, senza ricorrere quotidianamente ad intermediari (in coerenza con uno spirito squisitamente new age).
Nello stesso anno viene anche acquistato il Caravan Park, il campeggio in cui ha avuto inizio l’esperienza comunitaria.
Inizia dunque un graduale ma inesorabile processo di sostituzione dei caravans con case ecologiche per quanto, ancora nel 2005 (quando ho partecipato ad una experience week), roulottes, campers e furgoni occupassero uno spazio cospicuo a Findhorn Foundation.
Negli anni seguenti le funzioni di Eileen e Peter sono state acquisite da due distinti gruppi di persone; uno, il Call Group, meditava insieme e si concentrava sull’angelo di Findhorn, sulla matrice spirituale e poi forniva le coordinate essenziali al gruppo di management.
Il Call Group, composto da persone in numero variabile ma sempre al di sotto delle dieci unità, è stato, in seguito, sciolto e sostituito da un altro gruppo che include, oggi, molti membri, rappresentanti i diversi reparti (cucina, giardini, ospitalità, ecc…).
Il motivo principale per cui il Call Group è stato sciolto risiede in una sorta di spaccatura nel corpo dell’esperienza comunitaria che richiede di essere approfondita.

 

Findhorn Foundation e Findhorn Community

La comunità di Findhorn, date anche le condizioni in cui ha mosso i suoi primi passi, era in principio particolarmente omogenea e decise di costituirsi come fondazione, per avere la qualifica di ente morale.
Ai membri stabili si affiancavano gli ospiti, che si trattenevano per periodi circoscritti (a partire dalla prima metà degli anni ’70, difatti, diventano operativi i programmi “educativi”, a partire dalle experience weeks ).
Diventare membri richiedeva un corso (Orientation) di 3 mesi (nel tempo il periodo formativo si sarebbe allungato, arrivando ad essere di un anno): «era un training tenuto da senior-staff, da anziani della comunità, che si presupponeva avessero già una saggezza, una conoscenza».
Essere membri richiedeva una grande disponibilità ed un buono spirito di sacrificio.
I ritmi di lavoro erano particolarmente serrati e si lavorava 7 giorni su 7.
A fronte di questo iniziò un piccolo esodo: un numero crescente di persone comprò casa nei dintorni, lasciando lo staff di membership pur continuando a frequentare la comunità ed a collaborare part-time.
Si venne dunque creando, gradualmente, una comunità di ex membri cui si affiancavano nuovi arrivati intenzionati a vivere la comunità senza assumersi impegni troppo onerosi. Questo andò necessariamente a scapito della compattezza dell’esperienza, dando luogo a due diverse realtà: la Findhorn Foundation e la Findhorn Community, distribuita ad ampio raggio nel territorio circostante.
È facile immaginare che la seconda avrebbe finito per acquisire una consistenza numerica maggiore della prima.
Questo, a detta di Antonio e Joshua, avrebbe avuto, come generalmente accade, effetti positivi e negativi. Se ha allargato il numero delle persone coinvolte nell’esperimento comunitario, catalizzando più energia, ha determinato una perdita generale di qualità, nel momento in cui per diventare findhorniani non era più necessario fare il training Orientation, considerato una vera e propria iniziazione spirituale nell’ambito di una contemporanea “scuola di misteri”.
Lo scioglimento del Call Group fu in conseguenza di una sorta di conflitto tra staff membership, da cui uscivano coloro che lo componevano ed i membri della Findhorn Community che chiedevano di esservi rappresentati.
Non è stato privo di ripercussioni ed ha richiesto ai findhorniani di ripiegare su di un modello organizzativo più pragmatico e meno spirituale.
Oggi la fondazione ha 12 fiduciari, che sono i responsabili legali della comunità e si riuniscono con cadenza annuale.
A questi si affianca un manager-team ed ogni reparto (cucina, giardino, manutenzione e home-care, pubbliche relazioni, contabilità, programmi educativi ecc.) ha i suoi focalizzatori che si riuniscono una volta a settimana.
In generale, le decisioni vengono prese preferibilmente usando il metodo del consenso e coinvolgendo tutti i membri della comunità.
Tuttavia, mi diceva Antonio, «alcuni studi hanno provato che oltre un certo numero, un numero di massa critico, l’unanimità non funziona più perché una persona può bloccare tutto il processo e quindi ci si può mettere due anni per decidere di quale colore può essere un tappeto in una stanza comune. In quel caso si ricorre alla maggioranza dei due terzi».
Più precisamente, quando si vengono a configurare una maggioranza ed una minoranza la prima chiede alla seconda di essere leale e di non boicottare, anche solo “energeticamente”, la decisione presa.
Alcune decisioni, tuttavia, possono essere prese da una minoranza illuminata, il management, composto dai diversi focalizzatori dei reparti principali.
Si è stabilito che il minimo impegno, nel management, debba essere di 2 anni, in uno spirito di far circolare gli incarichi, ragion per cui i focalizzatori e coloro che a Findhorn lavorano con regolarità — percependo un piccolo salario — ruotano, periodicamente, tra i diversi reparti.
A livello economico, oltre il 90% delle entrate della fondazione vengono dai programmi educativi, cui si affianca una piccola percentuale di donazioni.
Una cosa curiosa che ci dicevano Antonio e Joshua è che quando c’è un buon allineamento ed una buona armonia tra i membri residenti, i programmi sono pieni mentre nei momenti di “bassa energetica” si rilevano delle flessioni.
I presupposti su cui è nata Findhorn sono di cooperazione e scambio con la natura ed “anticonsumismo felice” (oltre che di comunicazione con dimensioni ultramondane) e sono rimasti sostanzialmente inalterati.
La filosofia è quella del sentirsi ospiti, non padroni della terra, cui fa da corollario una sorta di esteso animismo .
Avvicinandoci alla conclusione, consideriamo brevemente gli aspetti ecologici.
Molte case, a Findhorn, sono quasi autosufficienti dal punto di vista energetico, potendo fruire dell’apporto di 4 mulini a vento ed avendo ciascuna un proprio sistema di pannelli solari per il riscaldamento dell’acqua.
Naturalmente tutto, nell’ecovillaggio, viene riciclato ed è anche stato approntato un sistema — che i findhorniani chiamano The living machine — di purificazione delle acque della fognatura del Park; un sistema completamente biologico per il quale vengono utilizzate specifiche colture.
Particolare attenzione viene conferita all’ecologia della persona e ad una certa “pulizia” e “sostenibilità” nelle relazioni interpersonali.
Sul fronte alimentare ancora la comunità non può essere autosufficiente.
Si offrono una media di 5000 pasti a settimana e gli orti comunitari non sono in grado di approvvigionare le cucine.
Molto viene dunque comprato fuori, soprattutto da aziende biologiche decentrate della Findhorn Community.
Il decano tra gli ecovillaggi conta oggi oltre 400 membri — molti dei quali vivono tra il Caravan Park e lo splendido edificio di Cluny, dove Eileen e Peter lavoravano come managers negli anni ’50 e che stato in seguito acquistato dalla fondazione — ed è membro dell’UNESCO.

 

Findhorn Foundation
The park, Forres Moray -IV36 OTZ Scotland-  
Tel. 44 (0) 1309-690311
E-mail enquires@findhorn.org
Sito Internet www.findhorn.org   

 

Per approfondire

 

Quindici anni di studi — in biblioteca e sul campo — sul vivere insieme.
Il quarto di una fortunata serie di testi sull’universo comunitario, ogni giorno più multiforme. Un excursus che, dalle prime comunità essene, giunge alle contemporanee esperienze di cohousing tentando di non trascurare nessuno: esponenti radicali della riforma protestante, socialisti utopisti, anarchici, hippies, kibbutzniks, ecologisti più o meno profondi, new-agers, cristiani eterodossi, musulmani pacifisti e altro ancora.
Una mappatura ragionata — su scala italiana, europea e mondiale — di gruppi di persone che abbiano deciso di condividere, in vario modo, princìpi, ambienti, beni di vario genere e denaro, di comunità sperimentali — spesso ecologiste — dove si sondino le suggestive sfide di uno spazio vitale comune.

 

Manuel Olivares, sociologo di formazione, vive e lavora tra Londra e l’Asia.
Esordisce nel mondo editoriale, nel 2002, con il saggio Vegetariani come, dove, perchè (Malatempora Ed). Negli anni successivi pubblicherà: Comuni, comunità ed ecovillaggi in Italia (2003) e Comuni, comunità, ecovillaggi in Italia, in Europa, nel mondo (2007).
Nel 2010 fonda l’editrice Viverealtrimenti, per esordire con Un giardino dell’Eden, il suo primo testo di fiction e Comuni, comunità, ecovillaggi.
Seguiranno altre pubblicazioni, in italiano e in inglese, l’ultima e di successo è: Gesù in India?, sui possibili anni indiani di Gesù.

 

Leggine l’introduzione

 

Prezzo di copertina: 16.5 euro

 

Disponibile anche in formato Kindle