La storia di Luca: viaggi in Asia

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La storia di Luca: viaggi in Asia

 Dopo l’esperienza cambogiana, Luca resterà in Italia alcuni anni, lavorando come barman, sino a quando non riuscirà più ad eludere il richiamo dell’Oriente. Luca dunque partirà ancora, visitando e vivendo la quotidianità di diversi paesi asiatici e non mancherà di approdare anche a Palolem (Sud Goa), dove mi troverà pronto a registrare le sue storie…

 

Eravamo rimasti al rientro dal-

l’Australia. Riprendiamo da qui?

Sì, sono rientrato dall’Australia e dopo 3 giorni che ero a Milano ho iniziato subito a lavorare. Arrivavo bello tonico, bello carico dal viaggio. Avevamo già un baretto con quello che sarebbe stato il mio socio. In realtà lo consideravamo più una base. Era piccolo, non ci si poteva stare in due dunque ci stava lui…

 

Mi sembra giusto…

…Quando sono rientrato l’ho sostituito. Poi ci siamo guardati in giro ed abbiamo trovato un barettino, non molto più grande dell’altro ma in una situazione senz’altro più interessante. Abbiamo fatto un’altra bella palata di debiti ed abbiamo iniziato a lavorare. Abbiamo dunque passato 5 anni molto belli. I primi due anni non mi sono mosso dall’Italia, ritagliandomi appena quelle tre o quattro settimane di vacanze di cui l’ultima in Vietnam, nel 2005. Ci sono tornato dopo 12 anni ed ho visto dei cambiamenti notevoli. Parliamo difatti di un paese che 12 anni prima aveva milioni di biciclette, la gente si muoveva solo a pedali. Un paese bello, organizzato, un paese molto interessante, con una bella cultura, non così amichevole (come possono essere i thailandesi, sorridenti) ma era comunque gente abbastanza cordiale, aperta, soprattutto nel Sud, poi più andavi al Nord e più si chiudeva. Difatti quelli del Sud sono sicuramente più commerciali, più aperti, un po’ più “figli d’androcchia” ma comunque, in generale, trovo che ci si relazioni bene con i vietnamiti. Quando sono tornato nel 2005 erano solo, solo motorini. Una roba impressionante! La cosa mi ha fatto anche piacere perchè significava che il paese era cresciuto in maniera uniforme che è, se vuoi, il punto forte della gestione politica, in virtù della quale si era anche molto aperto. Era un paese in Asia che, dopo le tigri asiatiche, stava crescendo molto in fretta perchè aveva una manodopera molto qualificata, molta organizzazione, un livello di corruzione basso -c’era ma basso perché il controllo militare era forte, severo ed era gente politicamente compatta e la corruzione andava contro i principi del popolo per cui era ridotta a livelli sostenibili-. Ad ogni modo, io in quel periodo avevo bisogno di altre cose ed avevo scoperto il Tai Chi Chuan. In generale, tutti i vietnamiti tra le cinque e le sei del mattino sono nei parchi, dai 10 agli 80 anni, prima di andare a lavorare o a fare qualunque cosa. Sono nei parchi a fare ginnastica, Tai Chi, a socializzare e a tenere il fisico in ordine. Hanno una cucina molto varia. Ho mangiato dei piatti che in Asia non avevo mai trovato. Per loro qualunque cosa si muova sulla terra è buona o non buona. Comunque si può mangiare, è solo da stabilire se può piacere o meno.

 

Perchè sceglievi sempre mete asiatiche?

Mi davano degli stimoli. Io ho visto Cuba ed il Brasile. Belli, divertenti, piacevoli, sicuramente la gente è più aperta, più socievole. Sicuramente abbiamo più cose in comunque con il Sud-America, sono culture cattoliche ma alla fine non mi restava nulla mentre l’Asia mi ha sempre lasciato qualcosa a livello intellettuale, di emozioni, di ricerca. Mi lasciava sempre qualche dubbio, qualche domanda irrisolta per cui mi avrebbe fatto piacere ritornare per trovare delle risposte. Poi in realtà mi si ponevano nuove domande proprio perchè è una cultura molto antica, molto variegata che richiede del tempo per essere approfondita.

 

Ok, dunque in questi cinque anni hai fatto il barman a Milano, prendendoti delle finestre libere, come ad esempio in Vietnam, poi che è successo?

Poi…avevo raggiunto i miei obiettivi e dunque era giunto il momento che potevo prendermi del tempo. Anni prima una persona mi aveva detto una bella frase: il tempo è denaro e dunque devi comprarti il tuo tempo libero ed io l’avevo fatta mia. Dopo cinque anni che lavoravo, avevamo pagato tutti i nostri debiti, la situazione era andata meglio di quello che pensassimo, il mio socio si era sposato ed aveva una figlia, io ero ancora indipendente dunque ho deciso di prendermi il mio tempo. Non mi interessava comprare la macchina più grande o continuare a vivere quel tipo di vita che non mi consentiva di conoscere altro. Dunque ci siamo organizzati nel migliore dei modi, venendo incontro alle esigenze mie e del mio socio, gli ho ceduto la mia parte di attività e sono ritornato in Asia. Era il marzo 2006, sono tornato in Cambogia, in Thailandia e poi sono sceso in Malesia ed Indonesia dove non ero mai stato. Sono stati dei bellissimi viaggi. Sono rientrato in Italia, ho visto come era la situazione, dopo circa 8 mesi di viaggio, mi sono reso conto che non avevo ancora voglia di lavorare, fortunatamente non ne avevo bisogno e quindi, dopo un paio di mesi, sono ripartito e sono venuto in India. Ho fatto sei mesi in India girando, sono rientrato in Italia, ho lavorato un po’ per ripartire ed ora sono ancora in giro in India. Ho riscoperto l’India che avevo visto la prima volta tanti anni fa in una situazione diversa, avendo una minore esperienza di viaggio. Comunque, andando per gradi, quando sono ritornato in Cambogia ho trovato un paese che si stava rimettendo in ordine, recuperando i pezzi, chiaramente c’è ancora tantissimo da fare. Sai da un paese che non ha niente ricostruire tutto, dalle cose basilari, le strade, le comunicazioni…le comunicazioni è stata la cosa più semplice; la Cambogia è abbastanza piccola, sarà come la Lombardia ed il Piemonte messe assieme per cui hanno messo 4 tralicci con le antenne, telefonino per tutti ed hanno risolto. E’ entrata la compagnia del Berlusconi tailandese (quello che adesso hanno cacciato perchè ha rubato troppo) poi sono entrati anche gli australiani, con una seconda compagnia per cui ora il paese è completamente coperto. In questa maniera anche internet è disponibile dappertutto e questo sta dando un impulso a molte altre situazioni. Il problema invece è ricostruire strade, ponti, in zone anche difficili da raggiungere, come la giungla, cosa che richiede investimenti consistenti. Chiaro che hanno cercato sovvenzioni, aiuti e, oltre alla Francia, hanno trovato un buon alleato nel Giappone, un paese un po’ più vicino, geograficamente e per cultura. Comunque ripartire su queste cose non era facile per quanto si iniziavano a vedere situazioni nuove. Ad esempio dal confine della Thailandia del Sud era possibile arrivare a Phnom Penh sulla strada. Mancavano ancora i ponti, per cui si attraversavano i fiumi sulle barche ma c’erano comunque le basi per ricostruire e rimettere in piedi il paese. Dal punto di vista lavorativo il problema è la mancanza di una manodopera qualificata. In Vietnam si propone della gente che lavora a basso costo però è organizzata, per cui un’azienda che vuole avviare la costruzione di qualsiasi cosa, dalle lavatrici ai motorini, punta su di un paese tranquillo con una manodopera già strutturata. La Cambogia non ha neanche tutte queste risorse naturali per cui, il legno sì ma non è che si possano tagliare intere foreste e questo anche loro lo sanno. Rubini, diamanti, quelle poche cose che hanno a livello di estrazione sono comunque abbastanza limitate e non tali da poter sostenere l’economia del paese. Comunque, pian pianino sta venendo fuori dalla situazione tragica che avevo visto le prime volte che ci andavo.

 

La Thailandia? Hai visto anche lì dei cambiamenti significativi rispetto agli anni precedenti?

La Thailandia invece ha preso proprio il via! Le prime volte che ci andavo trovavo un paese dove a Bangkok avevi a disposizione tutto quello che poteva servirti che però non era accessibile a tutti. Per il resto era un posto con una buona organizzazione: strade, autobus, funzionava tutto ma chiaramente avevano ancora un livello di vita inferiore all’Europa. Ora invece è cresciuta moltissimo e la generazione sotto i 30 anni l’ho trovata molto propositiva. Dal 2000 in poi (in Thailandia ci sono andato praticamente una volta l’anno, magari solo per due settimane ma quelle me le sono sempre tenute) ho sentito questo fermento, ormai è proprio palpabile, nelle zone universitarie, ad esempio, ti accorgi proprio di questo atteggiamento molto propositivo, di ricerca, non di copia ma di capire cosa c’è in giro cercando di adattarlo, rinnovarlo con esperienze diverse che siano le loro, thailandesi. Questo è bello, dà la misura di un paese che non si è del tutto venduto ma che cerca di mantenere una propria identità pur rimanendo in un ambito mondiale. Veniamo alla Malesia: ho sempre avuto una certa avversione per i paesi musulmani perchè tendono a soffocare quello che è il lato divertente della vita. Comunque era arrivato il momento di andarla a vedere e avevo sentito molta gente parlarne bene. Devo dire che ho trovato un bel paese, che sta crescendo molto velocemente. Considera che hanno fatto un piano, nel 2001, di 15 anni. In Europa un paese che si permette di fare un piano di crescita di 15 anni io non lo conosco. Loro invece si sono messi dietro a dire: portiamo la Malesia da ora al 2015 a questi livelli, con queste opere, queste situazioni e lo stanno facendo per cui si iniziano a vedere strade che, dalla Thailandia, arrivano giù a Singapore, strade che sono vere autostrade, senza carretti che attraversano la strada. Hanno diverse compagnie aeree low cost. Hanno l’Air Asia che è la più importante compagnia low cost dell’Asia che copre dalla Malesia alla Thailandia, all’Indonesia, ormai arriva fino al Vietnam ed alle Filippine. Questo tutto nel giro di 4-5 anni. Sono paesi che stanno sparando forte. Poi ho trovato un Islam moderato, in grado di accettare meglio le altre culture senza sentirsi in difetto o con la paura di essere soverchiato. E’ chiaro che ci sono delle regole, ci sono delle situazioni più chiuse o più liberali. Sono arrivato su un’isoletta delle isole del dragone che, da 20 anni, sono parco nazionale. Ci arriva solo un battello. Il primo cartello che ho visto arrivando sulla spiaggia, pur arrugginito, vecchio, comunque riportava che le donne che si fossero scoperte troppo erano punibili con 6 frustate e qualche giorno di galera. Al di là di questo, tuttavia, non posso dire di non aver trovato un paese accogliente. Di base ti danno 3 mesi di visto. Si può estendere facilmente ed hanno un progetto che si chiama Malesia my second home per cui se vuoi lavorare danno visti di 5 o 10 anni in maniera diretta proprio perchè hanno un’impostazione diversa, hanno capito che per crescere devono creare delle situazioni internazionali e stabili. Forse, dico forse, non è ancora al livello della Thailandia per quanto Kuala Lumpur è sicuramente al livello di Bangkok.

 

Probabilmente è meno libertina

Sicuramente dal punto di vista del sesso perchè è un paese musulmano, come dal punto di vista dell’alcohol per quanto si trovi, ci siano dei bar, non è così severa. Sono stato circa 3 mesi in Malesia poi mi sono spostato a Singapore da dove ho volato su Giacarta. Ho attraversato l’Indonesia per raggiungere Bali. L’esperienza in Indonesia è stata pesante, tu considera che io ho la fortuna di essere abbronzato, di passare molto più inosservato di un turista normale, certo dall’abbigliamento si capiva che ero occidentale ma gli dava molto meno fastidio che se fossi stato un turista “standard”. Avverti un fastidio che non è legato alla sola religione, si lega ai religiosi che sono andati lì, alle forze colonialiste (perchè comunque gli olandesi hanno fatto dei bei disastri lì) e dunque è rimasta loro molta avversione, montata per buona parte dall’Islam locale, per i turisti. Poi arrivi a Bali che invece è un’isola fondamentalmente hindu ed è proprio un altro universo. E’ un’isola molto ricca, frequentata da molti turisti, con molti residenti che ci vivono da 30 anni. E’ un’isola all’avanguardia sul fronte dell’architettura; utilizzando semplici materiali hanno un’architettura molto interessante. Non a caso si chiama “stile balinese”. Hanno queste ville fatte di legno, aperte, molto arieggiate. Poi ci sono dei bei tessuti, con un modo particolare di lavorarli per cui molte persone si sono traferite perchè hanno trovato, sostanzialmente, un “bel vivere”. Questo è cambiato parecchio dopo le bombe che hanno messo nel 2002 e nel 2004. La prima ha fatto quasi 300 morti, la maggior parte australiani -che poi erano la fonte maggiore per Bali perchè sono lì attaccati- e questo ha fatto cadere il turismo di circa il 70%. Quando stava ricominciando un bel flusso ne hanno messa un’altra e questo ha dato il colpo di grazia. Quando sono stato io c’era una presenza del 30% rispetto alla recettività del posto, considerando che era alta stagione, questo chiaramente ha cambiato anche gli assetti. Ad ogni modo, con i turisti continuano a saperci fare. Io ho un amico che vive lì da 10 anni ma la gente ha iniziato a vivere a Bali alla fine degli anni ’70 ed ha contribuito a creare anche una buona situazione economica…aziende che si sono spostate dall’Australia per fare tavole da surf, per lavorare nell’abbigliamento, trovando una manodopera già formata. Anche sul fronte del cibo sono tollerantissimi, trovi tranquillamente la carne, loro naturalmente la carne vaccina non la mangiano ma gli stranieri…io per esempio ho conosciuto argentini che importavano la carne dall’Argentina e l’avevano buonissima. Ho mangiato da loro del filetto a peso eccezionale, poi il vino che arrivava soprattutto dalla Francia. Sono ben organizzati, il posto è tranquillo, ora è un po’ consumato, con la riduzione del turismo molte strutture sono rimaste inutilizzate. Se uno ha voglia di ritirarsi ci sono dei posti che offrono ancora possibilità molto interessanti. Certo, dal punto di vista economico l’Indonesia è distrutta, lo Tsunami gli ha ribaltato l’isola di Sumatra, ha avuto tre terremoti, un vulcano che ha iniziato ad eruttare, il tutto negli ultimi 5 anni [Quest’intervista è del 2009, oggi l’Indonesia è in condizioni molto diverse, segnaliamo qui il post: Indonesia, un gigante in corse per l’ecosostenibilità]. Considera che il paese non ha neanche grandi risorse industriali. Ha molte risorse naturali ma malsfruttate, il petrolio lo hanno, il legname in quantita’ anche se a furia di tagliare e tagliare, insomma…vivacchiano.

 

È cara Bali?

No, considera che per vivere da backpaper spendevo 5 euro al giorno con camera e motorino. Per mangiare c’era un ristorante italiano, Picci, ne aveva 5 o 6 a Bali, con 2 euro mangiavo un piatto di pasta, focaccina con olio, l’espresso, a volte la pizza ma andando a mangiare nel dhaba locale spendevi 40 centesimi, nemmeno. Lì poi si facevano dei rave-parties interessanti, fino al mattino, sulla spiaggia, all’interno dei vulcani, avevano delle situazioni belle, poi sai dopo tutti questi fatti sono dovuti intervenire e ridimensionare. Ti dico, anche i locali sono molto belli: strutture di prima qualità ma con costi molto contenuti. Dopo l’Indonesia sono rientrato su Singapore e da lì sono tornato in Thailandia per un altro mesetto prima di rientrare in Italia. Era la fine dei monsoni, situazioni belle perchè piove, sì, ma per una, due ore al giorno e poi in maniera sistematica, sempre alla stessa ora, c’era meno gente, la prevedibilità della pioggia ti metteva in condizione di organizzarti, ti ritagliavi il tuo spazio per leggerti il tuo libro, poi hai tutta la libertà, non dovendo lavorare, per organizzarti al meglio. Dopo la Thailandia sono tornato in Italia, dovevo seguire un po’ le mie cosine; avevo ceduto il locale e dopo 5 giorni ero sull’aereo, avevo dato tutto al commercialista e gli avevo detto: quando torno ne riparliamo!

 

Hai lavorato in viaggio?

No, io ho sempre visto questi posti come poco interessanti da un punto di vista lavorativo. Ho trovato sia molto difficile lavorare in Asia, intanto per i permessi che ti lasciano sempre in situazioni precarie e dunque qualunque errore può creare situazioni antipatiche poi sai, se non parli la lingua e non domini la situazione sei sempre in balia degli altri. Tu poi sei abituato a combattere per un euro e loro per un decimo di quello a cui sei abituato tu e questo porta a combattere su livelli diversi. Uso il termine combattere che è un po’ duro però per molti di loro è proprio questione di sopravvivenza, quell’euro in più può significare il piatto di riso per tutta la famiglia e questo fa la differenza. I miei rapporti lavorativi lì si sono sempre ridotti a semplici collaborazioni, situazioni tutto sommato facili, senza possibilità di coercizione da parte degli altri. Soprattutto non avevo bisogno di sobbarcarmi situazioni lavorative strane, considera che io ho lasciato le quote del bar al mio socio e lui me le sta pagando con calma, dunque sto vivendo di rendita questo periodo. In Italia ho lavoricchiato ma senza massacrarmi e poi, dopo 4 mesi, sono ripartito e sono venuto in India, da cui mancavo da circa 15 anni. Pensavo di andare giù in Kerala ma arrivato a Goa, dopo una giornata a Calangute da cui sono scappato, ho raggiunto Agonda ed ho trovato una situazione particolarmente tranquilla e conciliante. Mi serviva per concentrarmi, senza avere inquinamenti esterni per pensare a cosa fare in un prossimo futuro, poi mi sono accorto che il prossimo futuro non mi preoccupava assolutamente ma la situazione era davvero piacevole, molto rilassante sia da un punto di vista mentale che fisico per cui mi sono fermato e rilassato parecchio. Tempo dopo sono andato a Delhi, dove ho preso una mia amica-fidanzata e da lì abbiamo fatto un giro anche se ho rivisto posti dove ero già stato 11 anni prima. Dunque da Delhi siamo stati prima a Varanasi, poi Agra, poi abbiamo fatto buona parte del Rajasthan fino a Jaisalmer, da Jaisalmer siamo scesi in Gujarath, siamo andati a Mumbay fino a ritornare ad Agonda. Abbiamo fatto due belle settimane e quando lei è partita io sono andato in montagna, era fine febbraio. Ero dunque in Himachal Pradesh e dopo qualche giorno ha nevicato in maniera impressionante. Ero in una valle vicino a Manali dove mi avevano detto che si poteva sciare ed ho trovato delle situazioni organizzate alla maniera indiana per lo sci, per cui si trovavano le attrezzature…vecchie di 15 anni ma potevano andare. Ho trovato gente molto, molto bella. Non c’erano turisti e sono rimasto due mesi a vivere in montagna, dopo tanti anni che non ci andavo (avevo sempre la tendenza ad andare al mare). Mi sono dunque potuto avvicinare di più alle persone ed alla cultura indiana, capendo che siamo ancora molto lontani anche perchè a seconda di dove ti sposti e delle persone con cui parli hai risposte diverse, a volte completamente opposte. Capita sempre che fai una domanda e ne vengono fuori due perchè parliamo di una storia, una cultura millenaria, un popolo che ha subito moltissime influenze e dunque capire, anche le cose semplici, sapere secondo quale processo logico arrivino a fare una cosa piuttosto che un’altra ancora è al di là della mia comprensione.

 

Come l’hai trovata l’India di oggi rispetto a quella che avevi lasciato 15 anni fa?

E’ cambiata molto. Quando viaggiavo con mia sorella gli indiani non le parlavano, non le rispondevano a domanda perchè era insieme a me. Adesso non succede più e sono passati solo pochi anni. Io con lei non sono stato in zone veramente rurali, quest’anno invece abbiamo girato parecchio, abbiamo fatto tutta la costa est che è molto meno turistica del Rajasthan, di Goa eppure anche lì non ho visto quegli atteggiamenti che invece avevo visto la prima volta quando c’era questo…non so se chiamarlo rispetto per la donna -la donna era insieme all’uomo e loro non ci parlavano- non so se era rispetto verso l’uomo più che verso la donna. Comunque, ero venuto in India soprattutto per conoscere la middle class, dunque sono andato in nuove città che hanno creato, ad esempio a Gourgaon, vicino Delhi, dove si vedono delle situazioni molto diverse. Hai delle situazioni molto più occidentali, organizzate, pulite, sistemate, che funzionano. Questo a Mumbay, a Delhi non è possibile, dovrebbero tirare giù tutto e re-iniziare da zero per cui hanno preferito partire dal niente e costruire tutto nuovo. Queste situazioni integralmente nuove hanno richiamato persone di un certo livello economico e sociale e queste stesse persone e situazioni, essendo in queste città satellite, non le vedi in giro e non riesci ad apprezzarle. Infatti a questo punto anche i supermercati, i grandi centri commerciali vengono fatti direttamente fuori, quelli che trovi a Mumbay o in città più piccole, da fuori sembrano posti “occidentali” poi entri e sono mercati indiani in tutto e per tutto: è solo un’esteriorità. Per dirti a Varanasi sono andato in un centro commerciale, a Sigra. Entro e mi dicono: non si può fumare. D’accordo, dico io -c’era un cartello così chiaro- ma mi hanno ritirato le sigarette all’ingresso. Te le tolgono e così son sicuri che la gente non fuma. Avendo visto già un po’ di India queste cose le capisci ma una persona nuova al paese resta un po’ perplessa anche se l’India, nonostante tutto, riesce sempre a sorprenderti in qualche maniera.
Un posto molto bello che ho visto, quest’anno, è Darjeeling. Bellissimo! Molto di atmosfera. Alle 3 del pomeriggio saliva la nebbia (sono stato a gennaio-febbraio) con sotto le piantagioni di tè, in lontananza le catene dell’Himalaya, con un bellissimo zoo con specie in via di estinzione per cui trovi tigri, leopardi, orsi dell’Himalaya, lupi tibetani…e poi gente comunque diversa che si muove in maniera diversa, pensa in maniera diversa da quelli della pianura. In montagna, a Manali, ho visto finalmente la middle class. Poteva essere gente in viaggio di nozze o famiglie che venivano a farsi la settimana bianca…tutto molto indiano, c’erano dei tibetani che affittavano le pellicce ecologiche che andavano da noi vent’anni fa. Arrivava la famiglia, con il taxi, facevano la sosta per vestirsi in maniera adeguata: gli stivali di plastica, i guanti, la pelliccia, poi li portavano nel primo spiazzo con un po’ di neve e lì li facevano giocare nella maniera più improbabile: con gli sci, le gomme, lo slittino, piuttosto che rotolarsi semplicemente. Tutto questo era molto indiano, l’organizzazione ma l’idea della settimana bianca era molto occidentale e gli indiani arrivavano e spendevano un bel po’ di soldini e questa era la middle class, la vedevi chiaramente. Poi quella zona è molto vicina al Punjab, regione molto ricca, dunque erano molti i punjabi oppure gente che arrivava da Mumbay, sparata da 40 gradi su in montagna, per vedere la neve. Manali è uno dei posti più famosi in India per la neve, ne è in qualche modo l’emblema, un po’ come per noi Cortina d’Ampezzo. Ora iniziano anche a girare i soldi, a Manali anche se mi dicevano che, fino a 10 anni fa, quando non venivano molti turisti, la valle era povera, campavano con un po’ di frutta che si raccoglieva nella stagione estiva. Era un problema sposare le figlie in quella zona, allora.
Anche a Calcutta ho visto la middle class…di città perchè Calcutta ha una storia diversa…pensavo fosse una delle peggiori città dell’India, probabilmente lo era. Io però ho trovato una città molto bella, vivibile, rilassata, con le zone centrali dove vedi la middle class, appunto, in città, in situazione. Mi spiegavano che Calcutta è il motore culturale dell’India, a livello di giornali, di pensatori, al di là di Tagore…insomma, ho trovato una città molto diversa da come me la sarei aspettata. Da Calcutta sono sceso per la costa est, attraverso l’Orissa, trovando l’India meno contaminata: turismo ce ne è poco, non ci sono grandi industrie per cui sono rimasti fondamentalmente degli allevatori e contadini che vivono in comunità familiari. Non si può dire che siano indietro perchè la tv ed internet hanno colmato molto il gap ma nel loro modo di vivere, nelle loro abitudini, sono rimasti molto legati al territorio ed alle vecchie usanze. Insomma, ho visto l’India un po’ più in profondità questa volta, c’è ancora tantissimo da vedere ma, come dire, “ho messo qualche pezza”.

Chi volesse contattare Luca può utilizzare l’indirizzo e-mail gianlucaalberio@hotmail.com