Islam ed ecologia ovvero l’ecologia dell’Islam

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Come abbiamo già accennato in questo blog, il rapporto tra ecologia ed Islam è un nuovo filone del progetto divulgativo Viverealtrimenti.

Vediamo dunque di fare brevemente il punto, segnalando alcuni autori ed organizzazioni islamici/che ed ecologisti/e.

Abbiamo già scritto un post in inglese al riguardo, da cui prendiamo qui spunto e dove utilizziamo diffusamente il concetto (che titola anche l’ultimo libro di Jeremy Rifkin) di Green New Deal.

Nello stesso post accenniamo anche brevemente al Plan for a clean energy revolution and environmental justice di Joe Biden (rimandiamo al link segnalato per chi volesse approfondire).

In merito al rapporto tra Islam ed ecologia, al momento non c’è molta letteratura disponibile; in italiano possiamo dire non ci sia praticamente nulla!

Buona lettura!

Manuel Olivares

 

 

Seyyed Hossein Nasr; il padre del moderno ambientalismo islamico

 

Il filosofo iraniano Seyyed Hossein Nasr — allievo del celebre tradizionalista Frithjof Schuon ed uno dei pionieri della cosiddetta ecoteologia — ha scritto diffusamente sul rapporto tra scienza e religione (in particolare quella islamica) ma il testo che ne fa il padre del moderno ambientalismo islamico è Man and nature; the Spiritual Crisis of Modern Man. Non potevo non leggerlo e credo meriti una prossima recensione.

In Man and Nature Nasr riconduce l’attuale, drammatica crisi ambientale alla crisi spirituale dell’uomo moderno, all’oblio di Dio e della sacralità della natura in quanto diretta espressione della Sua creazione e di cui l’uomo dovrebbe essere, Corano alla mano — «Egli è Colui che vi ha costituiti eredi/responsabili della terra»  (Sura 6, vs 165) — il custode.

Nella visione di Seyyed Hossein Nasr la crisi ambientale che stiamo vivendo, a partire dalla Rivoluzione industriale, ha radici in quel fenomeno comunemente conosciuto come “secolarizzazione” ovvero in quella che il mentore di Frithjof Schuon, il celebre René Guénon (tra i primi europei convertiti all’Islam), definiva — per citare il titolo di un suo celebre testo — “la crisi del mondo moderno”.

Un punto di vista sicuramente interessante, potremmo definirlo “olistico”, in virtù del quale il vero credente — diversamente da chi è stato risucchiato dalla corrente profana della “modernità” — non può non essere rispettoso dell’ambiente, ovvero della creazione di Colui che rimane al centro di una prospettiva autenticamente religiosa.

Nasr ed il suo ruolo pionieristico nell’ambito del moderno ambientalismo islamico vengono menzionati nel testo di Abdul Matin — cui abbiamo dedicato una recensione nella sezione in inglese di questo blogGreen Deen: What Islam Teaches About Protecting The Planet.

Vediamo meglio di cosa si tratta.

 

 

Green Deen

 

Il testo in esame è probabilmente il più letto in merito al rapporto tra Islam ed ecologia.

Da esso emerge chiaramente quanto sia importante che i musulmani — membri di una religione in vertiginosa crescita che oggi conta già circa un miliardo e ottocento milioni di persone — si impegnino concretamente ad implementare un Green New Deal.

Il termine arabico Deen, spiega Abdul Matin nell’introduzione al suo libro, può essere definito come religione o credo, fede, sentiero o via.

Di conseguenza, parafrasando Abdul Matin, possiamo dire che un Green Deen sia la scelta di praticare l’Islam affermando l’integrale relazione tra fede ed etica ambientale.

Per corroborare il concetto di Green Deen, l’autore si focalizza su sei principi-chiave della dottrina islamica e la loro applicazione nell’ambito del rapporto che deve intercorrere tra i musulmani e l’ambiente.

Parliamo dei concetti di tawhid — l’asserzione dell’unicità di Dio —, ayat — vedere ovunque i segni/prodigi del Creatore (riprendendo il termine con cui vengono indicati i 6236 versetti del Corano) —, khalifah — l’essere i custodi della Terra —, amanah — onorare il rapporto di fiducia che abbiamo stabilito con Dio come suoi “vicereggenti” nella gestione del pianeta, adl — il perseguimento della giustizia — e mizan — il vivere in equilibrio con la natura —.

Dunque, seguendo Abdul Matin nel suo excursus filosofico, l’Islam ha in sé gli elementi essenziali di una religione “geneticamente” ambientalista. Di qui la grande responsabilità che ogni musulmano deve sentire nel contribuire alla salute del pianeta ed alla conservazione della sua biodiversità.

 

 

Ibrahim Ozdemir

 

Ibrahim Ozdemir è un’altra figura prominente nell’ambito dell’ambientalismo islamico.

Professore di filosofia e Fondatore della Hasan Kalyoncu University, in Turchia ed autore di diversi testi tra cui emerge per rilevanza (in relazione alla tematica qui affrontata) The Ethical Dimension of Human Attitude Towards Nature: A Muslim Perspective è stato Direttore Generale del Ministero dell’Educazione nel suo paese (in cui fa parte della minoranza kurda).

Anche Ibrahim Ozdemir è convinto che l’Islam sia una religione “geneticamente ambientalista”, come sottolinea in un suo articolo per Al Jazeera in cui scrive: “many Muslim majority countries bear the brunt of climate change, but their cultural awareness of it and climate action are often staggeringly limited. A movement of Islamic environmentalism based on Islamic tradition — rather than imported white saviour environmentalism based on first-world political campaigns — can address both”.

Ovvero: “molti paesi a maggioranza musulmana soffrono l’impatto del cambiamento climatico ma la loro consapevolezza culturale e le loro iniziative di contenimento del fenomeno sono spesso sorprendentemente limitate. Un movimento ambientalista basato sulla tradizione islamica — piuttosto che un ambientalismo che guarda alle campagne politiche del primo mondo — può affrontare entrambi i problemi.

Merita menzionare che Ibrahim Ozdemir è stato uno dei redattori della Islamic Declaration on Global Climate Change, pubblicata nel 2015.

La Dichiarazione è disponibile anche in lingua italiana; potete scaricarla qui.

 

 

Fazlun Khalid

 

Lo studioso srilankese, naturalizzato britannico, Fazlun Khalid è stato, a sua volta, redattore della Islamic Declaration on Global Climate Change.

Pochi anni dopo, nel 2019, Fazlun Khalid ha pubblicato Signs on the Earth: Islam, Modernity and the Climate Crisis che credo meriti, a sua volta, una recensione. Parliamo difatti di un altro “classico” dell’ambientalismo islamico.

Merita inoltre menzione che Fazlun Khalid è stato il fondatore ed è il Direttore di IFEES: Islamic Foundation for Ecology and Environmental Science — con sede a Birmingham, nel Regno Unito —.

IFEES si definisce un’organizzazione multidimensionale che lavora in rete, a livello internazionale, con Organizzazioni Non Governative, università ed organizzazioni di base.

Uno dei progetti più interessanti cui sta lavorando IFEES riguarda l’urgente bisogno di ridurre al massimo la plastica nel corso delle opulente cene del mese di Ramadan.

A questo riguardo abbiamo pubblicato diverso materiale in questo blog e segnalo questo link per scaricare la guida, realizzata di recente da un’altra organizzazione islamico-ambientalista inglese (Bahu Trust), per un Ramadan eco-sostenile.

 

 

Alcune organizzazioni islamo-ambientaliste nel mondo

 

L’elenco che segue è frutto di un primo monitoraggio chiunque abbia segnalazioni e suggerimenti, scriva a info@viverealtrimenti.com:

Green Muslims: Organizzazione di volontari con sede a Washington, DC. Lavora per coinvolgere i musulmani in iniziative a favore dell’ambiente. Sono impegnati sul fronte dell’educazione ambientale e di esperienze, ricreative, nella natura. Tra i loro sforzi, il tentativo di connettere la comunità islamica ad altre organizzazioni ambientaliste.

Muslim Global Relief: ha ottenuto il titolo di migliore Charity, nel Regno Unito, nel 2018. MGR lavora in remoti villaggi in Ghana, Indonesia, Pakistan, Gambia, India e Palestina. Attraverso il Big Muslim Fund, MGR promuove, in loco, soluzioni di sviluppo sostenibile: accesso ad acqua potabile, piantumazione di alberi da frutta oltre a sponsorizzare la scolarizzazione di orfani/e.

Muslim Hands: Un’Organizzazione Non Governativa impegnata in oltre 30 paesi nel mondo con progetti di sostenibilità ambientale.

Khaleafa: Una Fondazione con sede in Canada impegnata nella diffusione dell’approccio islamico all’ambiente ed alle problematiche ambientali.

Wisdom in Nature: Un network con sede nel Regno Unito impegnato, tra le altre cose, sul fronte della Permacultura e dell’ecologia islamica.

Green Prophet: Con sede centrale in Ontario, Canada e con uffici-satellite ad Amman e Tel Aviv, è particolarmente attiva nell’ambito della bio-edilizia e delle energie rinnovabili in Medio Oriente. È stata fondata dal biologo, giornalista ed imprenditore Karin Kloosterman, il cui lavoro è apparso su prestigiosi  canali d’informazione quali Bloomberg, Discovery Channel, CNN, The Washington Post, Al Jazeera.

The Eco-Muslim: Attiva in molti ambiti (energie rinnovabili, bioedilizia, Permacultura eccetera)  ed in molti paesi del mondo. Il fondatore, Zaufishan Iqbal, incoraggia tutti i “volonterosi” a vivere con meno seguendo la regola delle 4R: Riusa! Riduci! Ricicla! Rigetta! (povertà, barbonismo, sfruttamento).

Infine, buone notizie ci giungono dal Marocco — dove è ora attivo un programma governativo di promozione della consapevolezza ambientale attraverso l’Islam — e dall’Indonesia, il più popoloso paese a maggioranza islamica che sta evolvendo in un unico laboratorio che integri due filosofie fino ad oggi raramente abbinate nel mondo occidentale: l’ambientalismo e l’Islam.

 

 

Non possiamo non concludere con qualche parola sull’Italia

 

Anche nel nostro paese si stanno muovendo alcuni passi nella direzione di una maggiore integrazione tra Islam ed ecologia.

Ne parla Antonella Amina Barbieri nel suo bell’articolo Eco-Islam: la religione che nasce green.

Ne cito uno stralcio:

 

«I primi germogli di questa consapevolezza più prettamente ambientalista si deve ad associazioni come i Giovani Musulmani D’Italia, realtà che non solo si fa promotrice del dialogo interreligioso e di iniziative che collegano attualità e religione, ma che negli anni ha mostrato anche grande sensibilità a tali tematiche.

L’importanza di far fronte all’emergenza climatica si concretizza anche nel progetto Green Islam: a questo progetto ha preso parte il dott. Marco Bottazzi, membro del comitato scientifico del CETRI, il quale ha recentemente scritto un contributo partendo dalla presa di coscienza di Papa Francesco e il suo invito alla conversione ecologica integrale, che investe tutti gli aspetti della società.

Da qui, giunge all’obiettivo di Green Islam: ovvero, quello di creare una società green promuovendo alcune iniziative come l’istituzione di una Giornata Nazionale dell’Eco-Islam, la realizzazione di una “Guida Verde” italiana per la preghiera del venerdì e la promozione di un gemellaggio tra i borghi italiani del Sud con il Nord Africa “poiché condividono la purezza delle loro origini restando lontani dall’inquinamento “spirituale” ed ambientale”».

 

Proprio in chiusura, riportavo in un mio articolo per Daily Muslim una campagna di sensibilizzazione per un Ramadan verde di alcuni ragazzi che frequentano le moschee torinesi di Taiba e Rayan. La campagna cui accenno risale al 2019 (prima che il Covid irrompesse drammaticamente sulla scena mondiale obbligando, tra le altre cose, i musulmani a vivere il mese di Ramadan, negli ultimi due anni, chiusi in casa) e non vedo perché non possa essere ripetuta in occasione del Ramadan 2022.

Il loro obiettivo era trasformare il mese di digiuno in un evento spirituale più sostenibile: dalle stoviglie compostabili per l’Iftar fino alla piantumazione di alberi al parco Dora. Un obiettivo sicuramente da avere (auspicabilmente insieme a molti altri) come costante riferimento, negli anni a venire e da “declinare” in ogni modo possibile, nei contesti più variegati.